Tira alla bocia, Paulin» dice il Tosca di Maslianico, uno dei giocatori impegnati sul campo da bocce a Cardina.
«L’è meei ‘ndaà a punt» replica il Paolo Muscionico (ul Muscionic) anche lui nativo di Maslianico, ma adesso sposato alla Alda di Monte Olimpino.
«Fa spunda cui ass» suggerisce l’Eugenio Ferrario (ul Ferrari de Munt) giocatore “professionista” di bocce. Il quarto giocatore (l’Angiulin urulugiat) non si intromette, visto che è il meno esperto di tutti. Ogni sabato pomeriggio, dopo il lavoro che allora terminava verso mezzogiorno o l’una e il pranzo a casa, i soliti quattro amici si ritrovano al Crotto del Lupo (Crott del
luff) per passare un po’ tempo in rilassamento tra “l’udur del bun de de stala e quel de menta”, come dice il Collina nei suoi “Promessi Sposi”. Dopo le bocce, che servono anche a smaltire il pasto appena consumato, si entra al Crotto dove li aspettano gli osti ( la Rina e l’Angiul del Crott) che si occupano delle attività del posto: bar e trattoria. Locale apprezzato in tutto
il circondario per le ottime pastasciutte (pasta succia) e la polenta e brasato (pulenta e brasaà).Entrati e seduti, con intorno un gruppetto di bambini, tra cui il Renato, figlio della Rina ed il Rico dei Butti de Cardina che aspettano solo quel momento, dopo aver ordinato quattro calici di buon vino della casa e due gassusit da dividere tra i ragazzini, si dà avvio al momento “artistico “ del pomeriggio: Tosca ed Eugenio iniziano a cantare. Con la loro bellissima voce tenorile passano da “E lucean le stelle” a “Nessun dorma”, dalla Boheme al Rigoletto per finire
immancabilmente con “Leviamo i lieti calici” che effettivamente si alzano colmi di un bel rosso rubino, invece che di giallo champagne. «Rina porta scià una fetta de salam». È l’ora della merenda: pane e salame con i bambini che non vengono certo trattati come Lazzaro dal ricco Epulone: infatti, invece delle briciole, si accaparrano grosse fette. «E ul pan se l’è chi da faà»: ammonisce ul Muscionic. Ma si sa è la carota prima del bastone. Infatti: «E adess fora di ball a giugà per una bona uretta» dice il Tosca. È arrivato il momento della “mòra” e i ragazzini è meglio che non ci siano, perché possono volare certe espressioni non certo educative. Come al solito Maslianico contro Monteolimpimo: “Trii, sett, tutta, vott…” e l’Angiul del Crott a fare da arbitro e incassare i benigni insulti per non aver contato a dovere i punti fatti. Il rientro dei ragazzini mette fine all’animata contesa. Stavolta ha vinto Maslianico (non senza
contestazioni) e adesso, dopo aver cantato “Che gelida manina“, l’ultimo atto di questo immemorabile pomeriggio: la scopa liscia (la scua). Qui Monteolimpino, di solito, domina per la presenza del Mascett che è alquanto “medagliato” per le diverse gare vinte in copia con l’Emilio Corti ( Ul Miliett ). Infatti la partita finisce 31 a 23 per Monteolimpino. E così si son tirate le sei. È meglio avviarsi verso casa se no “tai sentat i mieé a vusà”. E allora “Ciau Rina, ciau Angiul, se vedum sabat che vegn” . Immancabile la richiesta: «Com’è, vi’ via senza
una cantada?». L’invito è raccolto molto volentieri e mentre si intona “La donna è mobile” ci si avvia verso casa lasciando quell’Eden ritrovato (e perduto, ma solo per una settimana) Nella luce rossastra del tramonto verso il Monte Rosa, risuonano nei boschi che scendono verso “la val del Brengia” e “Quarzin” le note di “O’ sole mio“.
P.L.Mascetti